Un nuovo risultato della ricerca presso il Dipartimento di Scienze

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Un nuovo risultato della ricerca presso il Dipartimento di Scienze
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Il recente studio balzato alle cronache scientifiche “Impaired adult neurogenesis is an early event in Alzheimer’s disease neurodegeneration, mediated by intracellular Aβ oligomers” rappresenta un importante passo avanti nell’ambito delle Neuroscienze e in particolare nella lotta all’Alzheimer, la forma più comune di demenza che colpisce 47 milioni di persone nel mondo (un numero destinato ad aumentare, per l’invecchiamento progressivo della popolazione) e, ad oggi, la quinta causa di morte.

Il progetto nasce dalla collaborazione del Dipartimento di Scienze dell'Università degli Studi Roma Tre, con lo European Brain Research Institute (cui afferiscono i coordinatori Antonino Cattaneo, Giovanni Meli e Raffaella Scardigli), il CNR, la Scuola Normale Superiore di Pisa e la Fondazione Santa Lucia.

 “Si tratta senz’altro di un risultato rilevante – dichiara la prof.ssa Sandra Moreno, Docente di Neurobiologia dello Sviluppo dell’Università degli Studi Roma Tre e supervisor della dottoranda che ha condotto lo studio - frutto di anni dedicati alla ricerca dei meccanismi alla base della neurodegenerazione e della neuroprotezione. Tali studi rientrano nelle linee di ricerca che hanno permesso alla nostra istituzione di ricevere il riconoscimento di Dipartimento di Eccellenza italiano 2018-2022. È importante in questo contesto sottolineare il ruolo del nostro programma di Dottorato di ricerca in Biologia Molecolare, Cellulare e Ambientale (coordinato dai proff. Paolo Mariottini e Alicia Rosario Acosta) che non si è limitato a finanziare il progetto, ma ha dato supporto concettuale e formativo alla dottoranda, primo autore dell’articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Cell Death and Differentiation.

Il gruppo guidato dalla prof.ssa Moreno da molti anni focalizza le proprie ricerche sulle fasi iniziali della demenza, avendo individuato meccanismi neurodegenerativi localizzati, in modelli in vivo e in vitro di Alzheimer. Grazie all’identificazione di marker precoci, ha evidenziato un ruolo cruciale dello stress ossidativo e di alterato metabolismo energetico, conseguenti all’accumulo di β-amiloide, nella perdita delle funzioni cognitive. Nello studio appena pubblicato, il dito è puntato sulla neurogenesi, ovvero la produzione di nuovi neuroni nel cervello. Questo processo, che normalmente avviene anche nel sistema nervoso adulto, si è dimostrato invece alterato nelle fasi precoci della patologia alzheimeriana. I ricercatori hanno quindi indotto l’espressione di un “intra-anticorpo” specifico che neutralizza gli oligomeri di β-amiloide, riattivando la neurogenesi nel modello di topo.

“Nel congratularmi con tutti i nostri collaboratori – continua la prof.ssa Moreno - sento l’obbligo tuttavia di ricordare come lo studio sia preliminare rispetto allo sviluppo di cure per la malattia di Alzheimer e non possa considerarsi risolutivo in questo senso. Come hanno lucidamente osservato i Colleghi coordinatori del progetto, non bisogna lasciarsi tentare dall’enfatizzare i dati ottenuti su un modello animale della patologia, creando false speranze nei pazienti e nei loro familiari. Saranno necessari ancora molti anni prima che dalla fase pre-clinica si possa procedere alla sperimentazione clinica.”

Allo studio appena pubblicato seguirà una seconda parte, in collaborazione con un gruppo di ricerca della University of Texas Medical Branch, sui meccanismi di neuroprotezione “naturale” attivi in una interessante popolazione di pazienti resistenti alla demenza, ma con segni manifesti dell’istopatologia alzheimeriana. Un’aumentata neurogenesi sembra infatti associata proprio alla difesa innata in questi individui contro i danni da β-amiloide, suggerendo che la stimolazione della neurogenesi possa rappresentare una strategia vincente per la cura di questa devastante patologia.