Relazione del Direttore Generale

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Relazione del Direttore Generale
Il Direttore Generale ha presentato agli Organi Collegiali la “Relazione della Direzione Generale” che pubblichiamo insieme alle slide utilizzate a supporto. 
 
La scelta di affidare agli allegati tecnici l’illustrazione dei dati quantitativi e di comparazione, economici e gestionali, risponde all’esigenza di liberare la Relazione del Direttore Generale dall’appesantimento della narrazione burocratica che la successione cadenzata di risultati e di tabelle inevitabilmente comporta.
Tanto più che la Responsabilità dirigenziale è polverizzata, in adempimenti differenziati, e con una luce di lettura asfittica, dalla frammentazione normativa degli ultimi anni.
Il PIAO, per esempio, che pur avrebbe dovuto promuovere il dialogo di cittadinanza e l’accesso aperto sulla programmazione amministrativa, rischia di recidere il collegamento con la responsabilità della funzione dirigenziale apicale e la rete funzionale delle attività, e rischia di interferire nella già complicata dialettica tra Politica e Amministrazione.
Il PIAO deve rimanere l’atto fondamentale, se non esclusivo, di cui si sostanzia la funzione di Alta Amministrazione e che a sua volta è la naturale cerniera tra Strategia e Tattica, tra le scelte di orientamento e di visione politica e l’insieme delle attività, delle azioni e delle iniziative che danno un corpo e una voce alla politica.
Una cerniera che richiede competenze professionali, capacità di intervento nelle procedure (sulla loro profilazione di dettaglio, per molti aspetti imprevedibili), capacità di intuizione delle difficoltà che possono derivare dall’esterno e di riconoscimento delle minacce che possono interferire con la regolare esecuzione delle direttive, e che provengono dall’interno dell’apparato.
Competenze e intuizioni che sono saldate tra di loro dalla incrollabile fiducia nelle Istituzioni e da un grande senso dello Stato, come valore unico e finale di riferimento della propria funzione.
Questa cerniera di collegamento tra la Pianificazione strategica e la realtà amministrativa in movimento è la naturale “pista di atterraggio” delle misure costruite in sede di mediazione politica nella vita quotidiana delle famiglie e del Paese. È lo snodo che consente alla Politica di immaginare il futuro, e ai cittadini di valutare quell’“immaginazione” sulla base dei fatti e degli accadimenti che hanno cambiato, o provato a cambiare, la realtà in cui noi tutti siamo immersi.
Esattamente l’opposto di quello che avviene in quasi tutto il nostro Paese, nel quale la valutazione dei cittadini sui programmi di Governo avviene sulle omissioni e qualche volta sui disastri che da quelle omissioni derivano (ne sono un tragico esempio le recenti alluvioni).
È così che i programmi politici sono valutati per il fallimento della Pubblica Amministrazione. Un fallimento alimentato a sua volta dalle interferenze nella organizzazione delle attività e nella scelta dei Dirigenti apicali, in dispregio ai criteri che ne dovrebbero definire competenze, capacità, propensione al cambiamento, idoneità alla guida, analisi e capacità di controllo e di relazione.
Nomine che sono in alcuni casi in contrasto con le storie personali e professionali. Questa commistione è la via, apparentemente senza ritorno, verso una situazione di stagnazione finale con la inarrestabile sostituzione delle “piste d’atterraggio” con un “acquitrino insalubre”, nel quale si riversa il senso di frustrazione e di rinuncia che proviene “dal basso” della struttura amministrativa, che pure è popolata da tantissime capacità professionali e tecniche.
La storia di Roma Tre nella piccola cellula che la ospita, all’interno del Sistema Paese, è una storia che contraddice e si separa dalla tendenza generalizzata verso l’acquitrino.
Hanno fatto da argini:
-un quadro politico consapevole, costruito su una idea di democrazia reale, e sul rifiuto della cultura delle monarchie illuminate e che ha trovato nelle ragioni del dialogo e del confronto, trasparente e aperto, il percorso privilegiato per costruire programmi e saldare unità.
- la consapevolezza che l’Alta Amministrazione non può prescindere, per chi la esercita, dai rischi che discendono dalle ingerenze della cattiva politica.
Tra i rischi c’era e c’è quello di diventare il nemico e non l’avversario di quella subcultura dell’arroganza e dell’approssimazione, che gioca sulle divisioni inventate e con l’obiettivo di allentare il controllo democratico sull’Istituzione.
La stessa subcultura che alimenta le divisioni che nascono proprio dal tradimento del “mandato” ricevuto. È la subcultura che presenta il confronto leale, democratico e trasparente, come una contrapposizione irriducibile, e la diversità di opinione come un attentato alla propria “immaginata” prerogativa patrizia. La democrazia viene presentata come pericolo della stabilità, ovviamente della propria stabilità, e il bisogno di nemici pubblici serve per coprire il vuoto della propria leadership.
In effetti la Direzione Generale, quanto a partecipazione al confronto democratico, nel rispetto dei propri ruoli, non ha fatto mancare relazioni dettagliate e quadri informativi sugli sprechi o sui rischi di sprechi presenti in scelte operate più per conquistare il consenso immediato che per garantire lo sviluppo dell’Ateneo, nel quadro delle strategie di governo definite e formalmente deliberate dagli Organi Collegiali di Ateneo.
Così come non ha fatto mancare analisi sul fallimento di progetti di sviluppo senza “visione”, che hanno prodotto confusione tra le famiglie e tra gli studenti e sottratto risorse e finanziamenti per la crescita equilibrata dell’offerta formativa. Il tutto nella convinzione che l’esigenza etica, prima ancora che tecnica, di indirizzare l’utilizzo delle risorse di oggi per governare il debito di domani, richiede la capacità ferma di distinguere tra partecipazione a costruire e partigianeria politica. Diversamente da quello che qualcuno ha prima scritto e poi stampato.
L’art. 16 del D.lgs. 165/2001 chiarisce che l’Alta Amministrazione è anche sostegno e supporto nella lettura della realtà e nella costruzione strategica del futuro
Nella relazione consegnata in data 22 maggio u.s. al Rettore è stato tracciato il bilancio del lavoro di sintesi e di semplificazione compiuto nel corso degli anni, in strettissima collaborazione con Senato Accademico e C.d.A., per liberare l’Ateneo dalla zavorra statutaria di un articolato normativo che regolava le competenze e le procedure della programmazione strategica. Una zavorra bizantina che ha avuto l’effetto in alcuni casi di ridurre la capacità di indirizzo, e di introdurre un diffuso e immobile quadro di irresponsabilità, per lunghi periodi.
La stella polare che ha fatto da orientamento negli anni è stata la disseminazione di una cultura della “qualificazione” della spesa, lontana tanto da logiche ragionieristiche quanto estranea a esigenze tipicamente aziendalistiche.
Un processo accorto che ha consentito di azzerare, negli anni, la spesa per affitti e di trasferirla in conto capitale.
Un investimento per lo sviluppo del patrimonio edilizio, che ha valorizzato l’impegno delle risorse finanziarie stanziate e ha dotato l’Ateneo di una formidabile rete di laboratori, aule, biblioteche, luoghi di lavoro, di accoglienza, di studio e di spazi destinati al tempo libero.
Uno sviluppo che ha garantito una edilizia di qualità, anche estetica, per accogliere in sicurezza e in dignità formale studenti e personale.
Roma Tre ha il più alto rapporto in Italia, e probabilmente in Europa, tra numero di posti aula disponibili e numero di studenti iscritti (0,72 che tende alla parità se rapportato agli studenti frequentanti). Uno sviluppo impetuoso, veloce, che tuttavia registra anche una battuta di arresto e un non-successo.
Resta, allo stato incompiuto, l’intervento di ristrutturazione della Vasca Navale. Un progetto a lungo inseguito, fin dai primi anni di nascita dell’Ateneo, e cui erano state affidate le iniziali prospettive di sviluppo. Un simbolo di rigenerazione edilizia, come rigenerazione delle vecchie logiche industriali dell’armamento e della guerra, a favore di una industria culturale per produrre talenti di pace e percorsi di conoscenza, non per difendere o aggredire, ma per popolare i territori di libertà e di prosperità.
L’idea dell’Università come soggetto che trasforma fabbriche abbandonate in fabbriche di conoscenza è stata coniata a Roma Tre pensando a questo intervento di recupero.
Un progetto che è stato completato solo per il primo lotto, per una superficie di 8600 mq, oggi sede dell’area delle ingegnerie e solo dopo estenuanti confronti con la Tutela dei beni culturali, che è sfociata in un ricorso (tra i pochissimi in Italia e l’unico a Roma) alla giustizia amministrativa per ottenere le Autorizzazioni necessarie.
La realizzazione del secondo lotto si è arresa, o meglio sospesa, dopo un fallimento ed un successivo concordato fallimentare che hanno interessato le prime due società collocate in graduatoria (in sede di gara pubblica europea).
Una sospensione favorita dal concomitante intervento di norme sopravvenute sulla continuità aziendale, in un già confuso quadro regolatorio, reso ancora più incerto da interventi giurisprudenziali episodici.
Nella Scheda allegata, redatta dalla Direzione 4, sono illustrate le operazioni ultime messe in atto per la ripresa dell’operatività del cantiere.
Un mancato obiettivo che incide profondamente sulla caratterizzazione dell’area adiacente, sulla sua restituzione piena alla città e alla vivibilità in sicurezza e in decoro da parte degli studenti.
Un ritardo che incide sul percorso di sviluppo dei dipartimenti dell’area tecnologica e per lo sviluppo della rete di laboratori interconnessi, capaci di essere attrattivi per una “economia della conoscenza”, in linea con il Masterplan di Ateneo.
Le difficoltà del recupero della Vasca Navale sono una testimonianza delle complessità inutili che rendono il nostro Paese incapace di muoversi in sintonia istituzionale, incapace di riconoscere l’interesse unitario del Paese, e che costruisce (con raffinatezza intellettuale sconcertante) reti di interessi istituzionali specifici, in conflitto tra di loro. Il che è esattamente l’antitesi dell’interesse nazionale.
Nel quadrante urbano di riferimento, l’incompiutezza della Vasca Navale è mitigata dalla realizzazione delle residenze per gli studenti, e da un edificio destinato al dipartimento di Scienze per l’area della Farmacia.
L’Ateneo ha acquistato l’area di sedime (di oltre 9000 mq) dal Comune di Roma, per metterla inizialmente a disposizione, a titolo gratuito, della Regione Lazio per un intervento di costruzione di residenza studentesca. Nel corso delle successive interlocuzioni con la Regione Lazio e sulla base dei rapporti costruiti con le competenti direzioni regionali per il diritto allo studio e per il patrimonio, la iniziale gratuità si è successivamente qualificata come una convenzione onerosa che concede alla Regione (all’Ente per il Diritto allo Studio) la proprietà superficiaria della parte adibita a residenza e acquisisce al patrimonio universitario tutta la restante parte che misura oltre 1000 mq (già edificati).
Un intervento di precisazione degli iniziali accordi che ha valorizzato, significativamente, l’impegno finanziario sopportato dall’Ateneo di oltre 2 milioni di Euro per l’acquisto delle aree.
La stella polare della qualificazione della spesa, che si fonde con il processo di eliminazione progressiva degli sprechi e delle spese non necessarie, ha il suo canone di regolazione nella riconoscibilità degli obiettivi perseguiti come qualificanti all’interno della pianificazione strategica definita dagli Organi di Governo.
E’ questo canone a qualificare le spese sostenute per:
-        l’allargamento della base produttiva, attraverso l’espansione massima consentita dalle norme della pianta organica e la introduzione di competenze e capacità professionali nuove;
-        lo sviluppo di un welfare di Ateneo, tra i più apprezzati tra le P.A, per garantire il benessere psicofisico del personale;
-        la realizzazione del centro medico di Ateneo, i cui lavori sono iniziati il 27 giugno u.s. e la cui conclusione è prevista per fine settembre 2023, come fondamentale strumento di rafforzamento della sicurezza collettiva e del benessere fisico e psicologico. Il centro medico sarà operativo per più giorni alla settimana e sarà rivolto agli studenti fuori sede, ma potrà anche essere utilizzato da tutto il personale interno, dai visiting professors e dalle delegazioni esterne.
-        le iniziative per contrastare abbandoni e ritardi, con l’introduzione di misure straordinarie per l’ampiezza e la diversificazione dei traguardi raggiunti, come l’attivazione di borse destinate a dottorati, dottorandi, laureati e studenti senior;
-        l’imponente piano di sostegno all’accoglienza e all’orientamento degli studenti disabili, che per la quantità degli interventi, la capacità di cogliere i bisogni effettivi degli studenti e delle loro famiglie e la riconoscibilità degli strumenti utilizzati, ne fa un rassicurante terreno di integrazione e di pratica della solidarietà viva (una volta si diceva militante);
-        i tanti percorsi avviati per promuovere in Ateneo una cultura e una pratica della sostenibilità, tra i quali spicca il piano di investimenti per la totale indipendenza energetica entro il 2028. Roma Tre sarà in quella data l’università pubblica in grado di autoprodurre, con l’utilizzo di risorse rinnovabili e a emissione zero, l’intero fabbisogno di energia elettrica;
-        la costituzione, in partenariato con il Municipio VIII, di una comunità energetica, come testimonianza della centralità dell’Ateneo nel quadrante urbano che esalta la sua funzione di volano dello sviluppo tecnologico e del tessuto economico produttivo. Attraverso la comunità energetica, l’Ateneo potrà cedere l’energia prodotta in eccesso alla rete per contribuire alla calmierazione dei costi energetici per le famiglie deboli e per sostenere le più importanti istituzioni pubbliche impegnate in programmi di inserimento e di sostegno sociale delle persone fragili.
A riprova che la buona sostenibilità non rappresenta spreco di risorse e che, insieme al miglioramento dell’ambiente, può costruire nuove e migliori ricchezze, l’autoproduzione di energia porterà Roma Tre negli anni a liberare progressivamente risorse importanti e, a obbiettivo raggiunto, ad azzerare gli attuali 8 milioni che gravano sul bilancio. Risorse che potranno essere opportunamente utilizzate per crescere in equilibrio, e soprattutto per rafforzare il diritto allo studio, in quei settori nei quali la fragilità delle condizioni degli studenti fuorisede li espone ai capricci del mercato immobiliare senza scrupoli, come avviene in una città difficile come Roma.
Una riserva di sviluppo che sarà capace di produrre nuove opportunità, e maggiore equità quanto più
rapidamente sarà recuperata nel piano di crescita dell’Ateneo.
Un lungo e coerente percorso tra qualità della spesa e programmazione ordinata che ha costruito un solido equilibrio di bilancio, nella stabilità dei conti, per sostenere il finanziamento di un Ateneo in crescita e con una particolare attenzione alla valorizzazione dipartimentale. Il budget dei dipartimenti è una scelta di finanziamento strutturato che è nato a Roma Tre e tutt’ora è una peculiarità pressoché esclusiva del nostro Ateneo.
Una soluzione che negli ultimi anni, a partire dalla ripresa delle dinamiche stipendiali, scaricata per grandissima parte sul bilancio di Ateneo, è andata in contraddizione con le allocazioni di spesa che non sorreggono adeguatamente lo sviluppo. Contraddizioni che vanno affrontate e sciolte per operare una razionalizzazione che privilegi merito e propensione alla innovazione e che si allontani dal quadro storico della spesa.
Occorre rivedere in profondità il sistema dei finanziamenti interni, metterlo in relazione al sistema esterno (per esempio dipartimenti di eccellenza) che viene distribuito in maniera incoerente rispetto alle logiche e alle valutazioni interne, per costruire una nuova consapevolezza dei problemi di crescita delle diverse aree, in un quadro che recuperi il principio di solidarietà e di sostegno allo sviluppo equilibrato. E che non sia solo un’esigenza di bilancio o di ragioneria, ma di unità e di maggioranze di governo, si impone in evidenza.
Il quadro finanziario che questa relazione consegna all’Ateneo evidenzia una “riserva” di oltre 144 milioni di euro che potrà garantire da sola nuove realizzazioni e recuperi edilizi per oltre cinquantamila mq, in aggiunta alle operazioni in corso.
In chiusura e nel rispetto della sintesi qualitativa che la relazione segue, non può mancare il richiamo alla definizione dell’organismo amministrativo su cui l’Ateneo può contare.
Un organismo amministrativo articolato in dieci Direzioni centrali, ventiquattro aree che rappresentano altrettante vicedirezioni funzionali, in grado di cogliere la complessità del fenomeno gestorio e di tutte le attività regolatorie. Un organismo con una forte vocazione a costruire percorsi di normalizzazione delle attività e ad eliminare la falsa frontiera interna, tra un’amministrazione centrale e un’amministrazione dei dipartimenti. Una frontiera pericolosa, per le spinte centrifughe registrate in taluni casi rispetto al quadro della normalità giuridica, e soprattutto per la anarchia gestoria che nel passato si è registrata nelle procedure. Anarchia cui ha fatto seguito una mancanza di stabilità dei processi e di certezza del diritto.
L’Ateneo dispone di un apparato amministrativo caratterizzato dalla “responsabilità” nella decisione, da “competenza” intrisa di conoscenza specialistica, e da “capacità” di governo dei percorsi. Pilastri tutti che sono uniti dall’architrave della dignità della funzione pubblica rivestita, intesa come consapevolezza etica del ruolo e della sua finalizzazione all’interesse esclusivo della Nazione, in aderenza al principio costituzionale dell’articolo 98. Un organismo che è l’antitesi dei grandi mali della Pubblica Amministrazione italiana: dalla “paura della firma”, alla propensione ad allontanare i fascicoli dal proprio tavolo di lavoro, passando per la tendenza al “rinvio” e alla corsa ad incarichi esterni retribuiti.
Tanto più che questo risultato è stato conseguito in un quadro normativo che continua ad essere avvolto in una sorta di medioevo del diritto. Servono sicuramente iniziative generali e di natura legislativa per chiarire il significato della rappresentanza, e ancora della funzione di datore di lavoro, ma occorrono anche coerenti comportamenti locali che, se non possono cambiare in meglio il sistema normativo, lo possono sicuramente peggiorare. E lo possono peggiorare in particolare nell’area più sensibile, quella dell’indipendenza e della terzietà della funzione amministrativa, come anche nella garanzia che la decisione dirigenziale sia ancorata all’osservanza scrupolosa delle leggi e al controllo adeguato sull’utilizzo delle risorse pubbliche.
Il rispetto dei limiti, che è uno dei compiti fondamentali della funzione amministrativa, rappresenta il confine oltre il quale alla libertà si sostituisce l’arbitrio e all’utilizzo delle risorse pubbliche si sostituisce la loro distruzione (e distrazione). È questo limite che fa distinguere una missione per ricerca da una vacanza a carattere familiare.
Trasparenza e collegialità sono i termini con i quali si chiude questa relazione perché essi sono l’anima e l’intelligenza di un’amministrazione consapevole del ruolo e soprattutto del costo che essa rappresenta per il Paese; così come sono l’anima e l’intelligenza di una democrazia che sa costruire sul consenso partecipato la rappresentazione e i contenuti del potere.
La prima prova di sostenibilità di una università pubblica della Repubblica è la coerenza tra il profilo culturale esposto e la pratica delle proposte; tra la invocazione all’uguaglianza e la pratica delle pari opportunità tra generi e ambiti professionali; tra la compatibilità della gestione del potere e l’essenza della democrazia (partecipazione); tra la riservatezza della decisione e la pubblicità delle motivazioni; tra ciò che si invoca per l’Umanità e ciò che si pratica per la comunità degli amministrati.
La legalità è la più potente delle armi che le istituzioni educative hanno a disposizione per cambiare il mondo, ma per il suo insegnamento è fondamentale la sua pratica.
 
Il Direttore Generale
Giugno 2023
 

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